La Medea di Pier Paolo Pasolini del 1969 è un capolavoro del cinema perchè il regista ha reso tutta l’attualità del messaggio di Medea rimanendo fedele e attento al mito originario.
Pasolini affronta tre temi: il Sacro, il rifiuto, l’esilio.
Il film comincia con Giasone bambino educato dal Centauro al Sacro.
Che cosa è il Sacro?
Il Sacro è la realtà nella sua unità,
è la realtà nella sua realtà
senza le mediazioni che saranno proprie della rappresentazione.
“Tutto è santo, tutto è santo”
Vedere e ascoltare con attenzione i primi 10 minuti del film Medea di Pier Paolo Pasolini dove tutto è magistralmente spiegato.
La distinzione anima/corpo che noi attribuiamo ai tempi moderni e precisamente alle considerazioni di Cartesio, in verità, era presentissima anche nel mondo antico, infatti essa è, a ragione, riconosciuta da Nietzsche in Socrate ma prima ancora era stata vista in Euripide e Nietzsche stesso riscontrerà questa nuova intuizione in Euripide descrivendola a noi nel suo libro La nascita della tragedia.
Diciamo che questa volontà di dividere ciò che è unito, è tipica e fondante di quanto oggi chiamiamo pensiero occidentale.
La caratteristica fondamentale del pensiero occidentale è la separatezza dell’essere in anima e corpo.
Parmenide distingue l’essere in essere e non essere ma non lo divide.
(In questo periodo sto riflettendo su questo argomento)
Comprende e ci insegna Parmenide, filosofo di Elea del VI secolo avanti Cristo, che la realtà è costituita da essere e non essere di egual senso.
Non attribuirei pertanto a lui, Parmenide, la scissione anima e corpo e prima ancora vita e morte tipica dello Sconsacrato che Pasolini individua nella modernità e contrappone al Sacro dell’età arcaica.
(Mi sono rivolta io a Parmenide seguendo il ragionamento di essere e non essere)
Fin dall’infanzia Giasone verrà educato a queste dicotomie Sacro/ Sconsacrato
Sacro che contiene il duale.
Sconsacrato che separa il duale.
Il primo Centauro gli insegnerà che Dio è in ogni cosa.
“In ogni punto in cui i tuoi occhi guardano è nascosto un dio e se per caso non c’è ha lasciato lì i segni della sua presenza sacra.”
dialogo tra il Centauro e Giasone dal film Medea di Pier Paolo Pasolini
Ha il corpo di Sagittario, mezzo cavallo e mezzo uomo, certamente due nature ma unite in un solo corpo.
“ Per lui la realtà è una unità talmente perfetta che l’emozione che gli crea, mettiamo, di fronte al silenzio di un cielo d’estate, equivale in tutto alla più interiore esperienza personale di un uomo moderno”
Il secondo Centauro, quello dell’adolescenza di Giasone l’inizia alla modernità, allo Sconsacrato.
“Ciò che l’uomo scoprendo l’agricoltura ha veduto nei cereali, ciò che ha imparato da questo rapporto, ciò che ha inteso ad esempio dai semi che perdono la loro forma sotto la terra per poi rinascere,
tutto questo ha rappresentato la lezione definitiva , la resurrezione, mio caro,
ma ora questa lezione definitiva non serve più
ciò che tu vedi nei cereali , ciò che tu vedi nel rinascere dei semi è per te ormai senza nessun significato
come un lontano ricordo che non ti riguarda più infatti non c’è nessun dio.“
Alla fine dell’adolescenza Giasone potrà scegliere.
Al sessantesimo minuto del film più o meno i due Centauri appaiono contemporaneamente a Giasone nello scenario di Piazza dei Miracoli a Pisa (piazza diremo simbolo del pensiero moderno pensa a Galileo Galilei) nell’incredulità dello stesso protagonista.
“Come mai siamo qui?
– Ma è una visione!
Se è così sei tu che la produci, noi due siamo infatti dentro di te!
– Ma io ho conosciuto un solo Centauro!?!
No, ne hai conosciuti due: uno Sacro quando eri bambino e uno Sconsacrato quando sei diventato adulto. Ma ciò che è Sacro si conserva accanto alla sua nuova forma Sconsacrata ed eccoci qua, l’uno accanto all’altro…”
dialogo dei due Centauri con Giasone nel film.
….E poco prima c’era stata la parte stupenda di quando Giasone conquistato il vello d’oro anzi, più che conquistato potremmo ben dire, ricevuto il vello d’oro da Medea che lo possedeva, lo consegnerà al re suo zio in cambio del regno come dettatogli dal Centauro Sconsacrato in ultimo monito.
Il re, pur ricevuto il vello come da programma, dirà a Giasone che oggi lui puo dire di aver appreso una nuova cosa, ossia, che non sempre i re mantengono le promesse e pur con il vello non gli darà quanto promesso.
Qua Giasone dice la frase migliore della sua vita e quella che sicuro avrà fatto ancora di più innamorare Medea ossia dirà che ha scoperto quanto il mondo sia grande e quanto sia limitato un regno e soprattutto che lontano dalla propria terra, fuori dal proprio significato, il vello d’oro non ha nessun senso.
(Grandissimo! Quante lezioni di filosofia della scienza ed epistemologia sulla differenza tra senso e significato, con le mie compagne di Univerità!)
E poi Giasone compie il gesto che ogni donna desidera: prende la mano di Medea, la stringe e con lei va verso la nuova vita. Bravissimo Pasolini che ha immaginato questo particolare!
Giasone ama Medea, Medea ama Giasone, perchè?
Perchè Medea ami Giasone è più facile da spiegare rispetto al viceversa, sarà perchè essendo io una donna sono più propensa alla comprensione della passione femminile o perchè le donne sono pronte a cambiare la propria vita in un attimo per il colpo di fulmine.
Medea aveva tutto nel suo regno – diremo oggi: lavoro, rispetto, famiglia, una altissima condizione sociale – e pure lascia tutto per Lui, si è innamorata improvvisamente, forse forse anche Lei, maga indiscussa, ha sentito il fascino oltre che dell’uomo greco, dell’intelletto, della proposta di un nuovo modello razionale rappresentato dal vicino popolo greco.
Si pentirà abbastanza presto di questa seconda attrazione infatti lungo il viaggio con gli Argonauti, i compagni di viaggio di Giasone, si accorgerà di quanto essi siano rozzi e senza dio: non è razionale il loro sapere ma soltanto empirico il loro agire.
La Terra che le aveva sempre parlato cesserà di farlo se calpestata da passi superficiali; le loro tende non hanno assi centrali a cui poggiarsi perchè al loro sapere manca il centro (un centro di gravità permanente)
Il loro apparente progresso presto appare a Medea per quello che è ossia volgarità, una terra senza Terra, senza divino.
Ma se Medea sarà presto delusa dai greci resterà fedele ed innamorata del proprio greco dal quale avrà come sappiamo due figli.
Invece Giasone perchè si innamora di Medea?
Il colpo di fulmine generalmente è reciproco e siamo d’accordo ma anche per un altro motivo Giasone si innamora della bella Maga ed è esattamente perchè lei è il Sacro che lui aveva conosciuto e poi perduto da bambino, perchè le ultime parole del Centauro l’avevano disposto ad una scelta alla quale lui soltanto apparentemente sembra aver optato per la modernità (e qui è chiaro che chiamo modernità il modello Sconsacrato della realtà duale) in amor suo, come si suol dire, il mondo arcaico autentico, magico, quello dell’eterno ritorno, sacro, gli piace di più.
Medea è questa verità e questa verità vorrebbe “sposare” Giasone.
“…Perchè nulla potrebbe impedire a lui vecchio Centauro di ispirare dei sentimenti e a me nuovo Centauro di esprimerli.”
sempre dal dialogo dei due Centauri con Giasone nella scena citata nel film.
A questo punto dovrei fare un passo indietro per far comprendere ai miei lettori quanto affermo con tanto ardore e tornare fedele al testo di Pasolini che giustamente presenta Medea a inizio film nella sua patria, immersa nelle proprie credenze.
La scena si apre con la preparazione e compimento di un sacrificio umano. Questa parte nel testo di Euripide non c’è perchè la storia di Medea nella tragedia di Euripide comincia già con il tradimento di Giasone, inoltre per noi che guardiamo il film non ci appare come gradita agli occhi la scena del sacrificio umano, ma ringrazio Pasolini per aver inserito questo elemento nella descrizione di Medea perchè esso è utile ad avvicinarci al senso profondissimo del Sacro, unione indiscussa di vita e morte, mistero assoluto di morte e vita.
Il tutto è svolto con solennità e accolto dalla comunità con naturalezza. Il mistero si compie:
“Va vita con il seme
e rinasci con il seme”
dice la maga, sacerdotessa, donna Medea.
Ecco l’eterno ritorno.
Ecco la manifestazione di quanto detto dal primo Centauro.
Terza parte il tradimento, l’esilio.
Questa è la parte che ho sempre adorato, la più romantica, quella che ispirerà le eroine dei secoli successivi ovviamente e per fortuna non per il gesto estremo della vendetta quanto per la profondità e intesità del sentimento amoroso.
Ma la cosa più importante è il fatto che Medea non sarà accettata a Corinto e le motivazioni di ciò sono nella sua diversità. Lei è una barbara, lei è non greca, lei è l’altro di cui abbiamo eternamente paura, lei è la sapienza che non conosciamo, lei è l’irrisolto che ci portiamo dentro.
Il re di Corinto glielo dirà apertamente quando prima delle promesse nozze della figlia con Giasone andrà da Medea, già moglie di Giasone, per cacciarla dalla città: Tu sei una minaccia per noi perchè sei diversa da noi, perchè noi non conosciamo il tuo sapere, perchè tu vieni da un paese lontano, perchè sei barbara e non greca.
Aggiungerà anche, e complimenti a Pasolini, che ha accentuato questo aspetto nelle sue riprese e coraggioso Euripide che ha denunciato questo aspetto nella sua contemporaneità , noi che non abbiamo il coraggio di dire niente su gli stessi argomenti della nostra contemporaneità – Tu non ci hai fatto niente, tu non hai fatto niente di male alla nostra comunità ma noi abbiamo paura di te.
” …sei diversa da tutti noi perciò non ti vogliamo tra noi…”
Parole del re di Corinto dal film Medea di Per Paolo Pasolini.
La colpa dell’altro è la paura atavica dell’accusatore. Si diventa colpevoli per l’ignoranza collettiva.
Sempre critico, un intellettuale autentico, concretamente controcorrente, Pier Paolo Pasolini riprende il messaggio di Euripide e con la sua arte cinematografica lo restituisce a noi, oggi, aggiungendoci la forza del Passato.
….e per concludere cito testualmente la poesia di Pasolini, scritta in altre ispirazioni, recitata in altri contesti ma capace di esprimerci il valore universale dell’opera dell’artista, regista e poeta:
Io sono una forza del Passato.
(da Poesia in forma di rosa di Pier Paolo Pasolini)
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.
Sguardo ampio e appassionato di Margherita Agresti sulla ” Medea ” di Pasolini.
Sì, il ” sacro è la realtà nella sua unità “, come scrive Margherita ( anche e soprattutto in quanto contraddittorietà ) ed è tutt’altro dal ” religioso ” laddove il religioso re-lega mentre il sacro libera.
È quel crinale tra due vallate, ” l’orlo estremo di qualche età
[ apparentemente ] sepolta ” come scrive Pasolini, che molti fingono di ignorare e che vorrebbero seppellire come qualsiasi ” re di Corinto “, come ciascuno di noi ” più moderni di ogni moderno “, come Argonauti che promettono un progresso che invece è solo conquista.
Su quel ” crinale “, che è visione di totalità, sta Medea, capace come donna di ” comprendere e custodire ” la diversità che ci abita mentre Giasone sa scegliere con forza solo un impresa alla volta.
Le due vallate ai lati di quel
” crinale ” : ” regni limitati rispetto alla grandezza del mondo ” dove il ” vello d’oro ” perde il suo senso sporcandosi con il cieco interesse che non vuole ammettere un’altra valle oltre la propria.
Il vello d’oro, invece, è proprio la terra franosa e mirabile di quel crinale, è la vista terrificante ed incantevole, allo stesso tempo, delle due vallate contrapposte, le quali, invece, condannando come tradimento la traduzione, si ostinano a parlare e a comprendere la loro lingua soltanto.
E, non sforzandosi di tradurre nessun senso da o in una lingua di una Medea straniera, lo perdono per sempre.